La piu bella canzone cubana? Questa è una delle domande che difficilmente possono avere una risposta certa ed insidacabile. Le canzoni, così come i dipinti, le poesie e tutte le opere d’arte si adattano ai gusti di chi le ascolta a seconda dal momento, dallo stato d’animo e dall’età dell’ascoltatore.
Forse si potrebbe cercare di identificare le canzoni piu conosciute ed apprezzate. Anni fa in un’inchiesta a Cuba la canzone più votata fù Yolanda di Pablo Milanes.
Un tema conoosciutissimo ed amato sia a Cuba che all’estero è Chan Chan cavallo di battaglia del mitico gruppo Buenavista Social Club formato da vere leggende della musica Cubana come la ancora viva ed attiva Omara Portuondo, Compay Secundo, Ibrahim Ferrer e tanti altri.
Restando sul classico, non si possono non nominare canzoni eterne, suonate ante Covid da tutti gruppi di musicisti cubani che in spiagge, locali o lungo il Malecon avanero intrattenevano i turisti. Fra tutte Guantanamera, Dos Gardenia, El cuarto de Tula, Pintate los labio Maria, Son de la Loma senza dimenticare la piu recente Comandante Che Guevara di Silvio Rodriguez.
Tralascio di nominare canzoni piu recenti di diversi generi, fra cui il regueton amato soprattutto dai piu giovani, mi permetto però di segnalare la mia canzone cubana preferita: Un Monton de Estrellas di Polo Montañez.
Ma diteci un po’, qual’è la vostra canzone cubana preferita?
Dietro la salsa cubana non c’è solo l’allegria sprigionata dal ballo e dalla musica. Ci sono le origini, come detto, africane ma anche spagnole. Ci sono la cultura e la tradizione musicale cubane. E ci sono significati simbolici, che difficilmente possono essere catturati a uno sguardo superficiale. Un calzino d’oro
Uno di questi è il gesto del pantalone, conosciuto tra gli amanti della salsa come un desiderio di affermazione, sociale ed economica soprattutto. Già, perché, seppure non unanimemente riconosciuto, il gesto tipico di sollevare il pantalone all’altezza della tasca nasce dal vezzo di mostrare il calzino sul quale svetta un ricamo con un filo d’oro, indice di benessere. Proprio così: la salsa mescola l’immediatezza della strada e il fiero pavoneggiarsi dei ballerini eleganti, già figli del son cubano, dove a ballare si va vestiti di tutto punto.
Per alcuni, invece, sollevare il pantalone deriva dalla volontà di far vedere le scarpe. Ma lo scopo è lo stesso: dimostrare il proprio status e la propria solidità economica. Non bisogna dimenticare, infatti, che il ballo serve anche a farsi vedere e a farsi notare, letteralmente. Un po’ di ostentazione, dal momento che la salsa cubana è anche un gioco amoroso, che per molti aspetti simula un corteggiamento. Dallo sguardo alle movenze, il ballo richiama la “stagione dell’amore”, citando un po’ a sproposito il compianto Franco Battiato. E quanti amori sono nati e continuano a nascere a ritmo di salsa! I protagonisti
Attenzione, però: non tutti i cubani sanno ballare. Già, tocca sfatare questo mito, per quanto una naturale predisposizione e una grande diffusione di questa disciplina popolare siano innegabili nella Perla dei Caraibi. Ma allora basta chiacchiere, conosciamo un po’ il panorama casinero di Cuba.
Senza voler far torto a qualcuno, scegliamo di partire dal gruppo Havana D’Primera, capeggiato dal cantante Alexander Abreu. Un collettivo di ben 17 musicisti fondato nel 2007 che mescola i ritmi della salsa, del jazz, del funk e dell’afro-cubano. A loro, apprezzati in tutto il mondo, si devono successi come Pasaporte e Cantor del Pueblo, solo per citare alcuni album. Impossibile non citare poi un altro grande gruppo, i Los Van Van, fondato oltre 50 anni fa a L’Avana da Juan Formell, oggi defunto e sostituito dal figlio Samuel. Band formidabile, a cui si devono album come Legado e Aquí el que baila gana.
Difficile menzionare solo alcuni artisti, se tra questi ci sono Issac Delgado, Yasser Ramos y el tumbao Mayombe, Azucar Negra e Leoni Torres. O ancora Manolito y su Trabuco, Maykel Blanco e il gruppo Combinación de la Habana. Giovani e meno giovani esponenti del mondo salsero di Cuba, che molto deve anche ad artisti scomparsi come Elio Revé (il cui figlio Elito, con il gruppo Charangón, porta avanti la tradizione). Dove si balla
Se è vero che non tutti i cubani ballano la salsa, è anche vero che in tutta Cuba si balla la salsa. Da Santiago a Matanzas, da Camaguey all’Avana, tutta l’isola si abbandona al richiamo della clave. E allora vediamo alcuni dei locali della Capitale dove poter trascorrere una bella serata a ritmo di salsa. Partiamo dal Café Cantante, nei pressi del teatro Nacional, in Plaza de la Revolución. Altrimenti suggeriamo la Casa de la musica, di cui si trovano ben due sedi: una a Galiano, nel Centro Habana, e una a Miramar. Sempre nell’elegante quartiere di Miramar non si può non fare un salto al Diablo Tun Tun o a La Cecilia. Al Vedado, invece, si può andare al Gato Tuerto. Da non scordare, poi, il 1830 sul Malecón. Per gli appassionati in particolare del genere afro-cubano, infine, il vostro posto è El callejon de hamel. Che altro dire? Buon divertimento!
Non solo CUP e MLC, anche a Cuba arrivano i Bitcoin
Ultimamente si parla molto di criptovalute, argomento scottante che spesso genera feroci discussioni fra scettici ed entusiasti. Il fenomeno lentamente sta approdando a Cuba. Abbiamo chiesto a Mario Mazzola, un nostro connazionanale che vive con la famiglia ad Holguin ed è il fondatore QBITA, di spiegarci questa nuova realtà.
Ciao Mario, ma è vero che anche a Cuba sono arrivati i Bitcoin?
Ebbene si. Anche a Cuba sono arrivati i Bitcoin. La gente se ne meraviglia. Ma in realtà ci sarebbe da meravigliarsi del contrario.Con la situazione di esclusione finanziaria che contraddistingue Cuba, Bitcoin è una vera e propria necessità per i cubani. Grazie a Bitcoin, il cubano escluso dai circuiti finanziari internazionali a causa di 60 anni di embargo può per la prima volta connettersi monetariamente col mondo ed effettuare transazioni. Proprio grazie ai Bitcoin.
Bisogna ricordare che, servizi che in Italia diamo per scontati come Visa, Mastercard, Paypal e Stripe non sono disponibili ai cubani. Nel contesto del Bloqueo, se queste aziende si azzardano a servire clienti Cubani, rischiano multe salatissime.
Dunque, al cubano non resta che Bitcoin. Grazie a questo strumento, il cubano riesce a:
– acquistare sui siti di e-commerce internazionali
– farsi le ricariche doppie col bonus senza dover scroccare ai parenti e amici all’estero
– ricevere rimesse dagli USA in barba ai divieti di Trump e Biden
– muovere i propri soldi a piacimento
– investire sui mercati internazionali (Forex, materie prime, stock….)
– servizi d’intelletto, per esempio fare il traduttore freelancer e farsi pagare da un ipotetico cliente Giapponese
Tutto questo è possibile perchè Bitcoin non è censurabile per design, in quanto totalmente decentralizzato, open-source e libero. A Bitcoin non glie ne frega niente del Bloqueo. Se hai i fondi, puoi mandarli a chi ti pare. Ed arrivano subito. Senza che nessuno possa farci assolutamente nulla.
Ma i Bitcoin sono legali a Cuba?
Bitcoin a Cuba è totalmente deregolamentato. Ad oggi, la legge Cubana non inquadra Bitcoin nemmeno come “Soldi”. Piuttosto, Bitcoin viene considerato un bene immateriale, tipo i talleri elfici d’argento che si possono accumulare in un ipotetico video-game.
Nelle due puntate che sono state dedicate a Bitcoin nel celebre programma “Pasaje a lo Desconocido”, è stato detto chiaro e tondo che non vi è nessuna sanzione per chi usa, detiene e scambia criptomoneta. Anzi, le autorità Cubane si sono pronunciate più volte in favore delle Criptomonete.
Come si può accedere a questo nuovo strumento finanziario?
Tradizionalmente, nel mondo intero ci si rivolge ad Exchange Centralizzati, tipo Binance o Coinbase. Uno mette la carta di Credito, manda i documenti (KYC) e compra tutte le criptomonete che vuole. Ovviamente a Cuba questo non è possibile, perchè nè questi Exchange possono accettare clienti Cubani, nè i cubani hanno la Visa e la Mastercard per pagare i Bitcoin.
Per ovviare a questi limiti, a Cuba il commercio di Bitcoin si svolge in modalità Peer-to-Peer (P2P): Fulano, che ha i Bitcoin, li vende a Mengano che glie li paga in CUP per mezzo di Transfermovil o EnZona.
Qbita che ruolo ha in tutto questo?
Inizio con chiarire un punto: Qbita non vende niente a nessuno. QBita aiuta la gente a comprare e vendere senza venire truffata dalla controparte.
Prima che esistesse QBita, il mercato consisteva in una serie di gruppi Whatsapp e Telegram dove si incontravano compratori e venditori. Trattandosi di scambi commerciali tra sconosciuti che interagiscono in maniera anonima e da remoto, las estafas erano all’ ordine del giorno.
QBita risolve questa piaga rendendo facilmente fruibili alcune funzionalità avanzate del protocollo Bitcoin, come ad esempio la tecnologia multifirma: i Bitcoin oggetto della vendita vengono depositati in indirizzi speciali – multiSig(2/3) – che rendono IMPOSSIBILE l’ estrazione dei fondi senza il consenso delle altre parti coinvolte nell’ operazione (compratore, venditore e QBITA).
Per chi volesse approfondire, il video sotto spiega in modo sintetico e facile (con gli omini Duplo di mio figlio) il meccanismo di sicurezza usato da Qbita:
Che ci guadagna QBITA?
Qbita si fa pagare una commissione per mettere in sicurezza gli scambi BTC-CUP tra gli utenti. La fee oscilla tra lo 0.5% ed il 2% (sempre, solo ed esclusivamente in Bitcoin. No CUC. No CUP. No MLC).
Tuttavia, le comissioni non sono il guadagno più grande. Migliaia di utenti apprezzano quello che faccio. Ho imparato un sacco di cose come sviluppatore. Il progetto ha ricevuto visibilità a livello continentale, così ora le offerte di lavoro fioccano. Faccio esattamente quello che mi piace e “pongo mi granito de arena” nella lotta contro l’ Embargo, che é un’ autentica prepotenza. Meglio di cosi?
Come ti è venuto in mente di mettere in piedi un servizio del genere a Cuba?
Ho iniziato a sviluppare QBita a tempo perso con il solo scopo di capire a fondo Bitcoin. All’ inizio era un semplice Wallet con un solo utente: io. Poi l’ ho aperto al pubblico, tanto per vedere cosa succedeva. Niente Exchange in quiei tempi. Ma parlando coi primi utenti e volendo/dovendo monetizzare i miei Bitcoin, ho capito che la gente aveva bisogno di un luogo dove poter comprare e vendere Bitcoin in modo sicuro. Allora ho provato a scrivere l’exchange. E ci sono riuscito. E la gente ha iniziato ad usarlo.
Quanti cubani stanno già usando i Bitcoin?
Difficile dirlo. Qbita ha oltre 18.000 utenti.
Perchè i cubani dovrebbero usare i Bitcoin?
I cubani usano Bitcoin per 3 ragioni:
– Elusione del bloqueo:
In questa voce ci sta dentro chi il pinareño che compra la moto elettrica sui siti di Panama e paga in Bitcoin, ci sta dentro il camionista cubano di Miami che manda i suoi soldi alla moglie a Las Tunas alla faccia di Trump, ci sta dentro il Santiaguero che si fa la ricarica internazionale da solo, ci sta dentro il trader Habanero …
– Proteggersi dall’ inflazione:
diversamente dal denaro tradizionale, la politica monetaria di Bitcoin non è manipolabile ed è deflazionaria.
Esistono solo 21 milioni di Bitcoin. Questo numero è scritto a fuoco nel codice che tutti devono scaricare, installare e far girare per essere parte della rete Bitcoin. Quindi nessun soggetto può stampare i Bitcoin a piacere svalutando la moneta: “Tarea Ordenamiento” di Murillo, “Quantitative Easing” della FED, “we wil do whatever it takes….” di Mario Draghi, “Svalutazione Competitiva della Lira” di Italica memoria… nulla di tutto questo è possibile in Bitcoin.
– Il miraggio dei guadagni facili:
I numeri dicono che, rispetto al dollaro (che si svaluta in continuazione), Bitcoin si è apprezzato del +30.000.000% (+30 MILIONI per CENTO!!) in 10 anni.
Questa crescità fa gola a tutti e troppo spesso si sottovalutano i rischi, specie a Cuba dove la possibilità (teorica) di moltiplicare i soldi rappresenta una vera svolta esistenziale.
Si va bene, ma ci sono dei rischi?
Assolutamente si. A perdere i soldi ci vuole un attimo. I rischi più comuni sono:
– Investire troppo (mani deboli), vicino ai massimi:
l’ utente inesperto che compra Bitcoin come investimento può essere portato ad investire troppo, magari dopo un esplosione del prezzo del +300% in 2 mesi. Questi utenti si trovano spesso nella spiacevole situazione di (s)vendere i Bitcoin nel bel mezzo dell’ inevitabile correzione del prezzo. La vendita può essere indotta o dal panico o dalla necessità di fat fronte a qualche spesa imprevista (se rumpiò la nevera).
– Rischio di perdere le chiavi:
con Bitcoin (se utilizzato in maniera ortodossa) sei la tua banca. Tu hai le chiavi. Tu controlli i fondi. Se ti perdi le chiavi, ti perdi i soldi e nessuno può ridarteli. Se uno non capisce bene come gestire le chiavi PRIMA di comprare Bitcoin, il rischio di perdere i soldi è tutt’ altro che remoto.
– Truffe:
chi è ingordo ed inesperto tende a lasciarsi coinvolgere in sistemi d’investimento poco chiari che promettono di moltiplicare i soldi senza fare assolutamente niente. Un po come il gatto e la volpe che fregano gli zecchini d’ oro di Pinocchio convincendolo a seminarli nel Campo dei Miracoli, a Cuba abbondano gli schemi piramidali/Ponzi più fantasiosi. Tutte queste frodi consistono nel convincere le persone a depositare le proprie cripto su improbabili piattaforme. Una di queste prometteva lingotti d’ oro erogati da appositi bancomat che sarebbero stati installati nelle maggiori città dell’ Isola. Folklore a parte, tutte le cripto-fregature prometteno interessi da capogiro, commissioni di affiliazioni da leccarsi i baffi, ritorni mirabolanti. Immancabilmente queste piattaforme spariscono, o “vengono hackeate”, lasciando in mutande gli “investitori” (vittime) che si sono lasciati abbindolare.
Consigli per chi vuole usare i Bitcoin per mandare rimesse a Cuba?
Studiare PRIMA di agire! Indipendentemente dall’ utilizzo che vogliate fare di Bitcoin, il mio consiglio è sempre e solo uno: non mettete nemmeno 1 Euro in Bitcoin se non sapete piu chè BENE cosa state facendo. Se non avete dimestichezza con le cripto, iniziare con la tecnologia multifirma per muovere fondi nel contesto di uno scambio P2P su Cuba non è saggio. Ve lo sconsiglio. Per chi invece è gia skillato su Bitcoin, adelante!
Dopo gli studi universitari (Scienze della Comunicazione a Perugia e Marketing alla Manchester Business School) ho lavorato 6 anni nel mondo hi-tech, ricoprendo ruoli tecnico-commerciali per una multinazionale della Silicon Valley (Cisco Systems), presso gli uffici di Amsterdam, Milano e Roma.
Il primo viaggio a Cuba è stato nell’ Ottobre 2012.
Folgorato dalla Cubanite, nel 2014 ho fondato la mia prima start-up: yourcasaparticular.com (una sorta di AirBnB criollo) che ha operato con alterne fortune fino al 2018.
Durante lo sviluppo del progetto, ho messo su casa e famiglia a Holguin. Nel 2016 è nato il mio primo ed unico figlio (Diego).
Nel 2017 ho ottenuto la residenza permanente a Cuba, dove vivo della mia attività di sviluppatore. A parte i lavori realizzati per vari clienti, ho lanciato anche diversi progetti personali, che sono andati in malora prima di subito. Finchè ad Agosto 2019 ho lanciato qbita.org, che è oggi l’ exchange Bitcoin #1 a Cuba
Una vuelta, un’enchufla, un sombrero. Un dile que sí, un dile que no e un sorriso che viene naturale. Molti di voi avranno già capito di cosa stiamo parlando… Della salsa cubana, claro que sí! Immersi nei problemi quotidiani e nell’isolamento più o meno forzato da pandemia, quasi ci siamo dimenticati di quando uscire per andare a ballare era la normalità. Sperando che la parentesi si chiuda in fretta, oggi parliamo di un fenomeno sociale che solo superficialmente può essere etichettato come semplice ballo o semplice musica (per i puristi due cose ben distinte!) della Perla dei Caraibi. Nata come mescla, ovvero come mix di vari generi musicali pre-esistenti, la salsa cubana rappresenta alla perfezione l’allegria, il ritmo e la tradizione musicale dell’isola. Sì, è vero, oggi i ragazzi più giovani sono attratti dal reggaeton – da anni ovunque a Cuba – ma se ci si vuole accostare alla cultura cubana non si può non parlare della salsa. Un ballo naturale, che viene dalla strada e che, pur non avendo rigide codificazioni alla stregua di discipline più “irreggimentate”, costituisce tuttora il fiore all’occhiello delle danze caraibiche. In principio era un ‘casino’ Le origini della salsa cubana – da cui poi sono nate differenti versioni, dalla portoricana alla venezuelana – si devono a un locale dell’Avana, il Salón de casino deportivo, dove gli sportivi si ritrovavano a ballare. Qui, secondo la tradizione, si formò il nucleo di quella che poi tutto il mondo avrebbe chiamato salsa, dall’unione di generi come il danzón e l’habanera. Ma la salsa deve i suoi natali a molte altre discipline: dal mambo al son, dalla rumba al cha cha cha e al guaguancó. E via così. Una vera e propria mescla splendidamente assortita. Non a caso, se una persona “tiene mucha salsa” vuol dire che sa fare molte cose. In origine, però, la salsa si chiamava ‘casino’, proprio come il locale dove tutto è nato. Rueda de casino, infatti, ancor oggi indica il ballo di gruppo della salsa, in cerchio e seguendo delle ‘figure’ in coppia. Questa canzone di Adalberto Álvarez – un simpatico esempio di quanto sia coinvolgente il richiamo del ballo – parla chiaramente di ‘casino’: https://www.youtube.com/watch?v=ptdpa1Bqk6U. Ma allora come mai non si chiama più così? Perché dagli Stati Uniti – dove si era diffuso – il casino cubano rimbalzò indietro come ‘salsa’, nome più “appetibile” che spodestò il casino e conquistò il mondo. Cuba compresa. Un mix di ritmiche, strumenti e culture A pensarci bene, la mescla è una caratteristica tipica del popolo cubano, con il suo crogiuolo di etnie, frutto della storia. Chi non conosce il tipico piatto cubano ‘moros y cristianos’ a base di riso e fagioli neri, tripudio – in salsa culinaria – della mescolanza cubana? Ecco, tutto ciò si ripercuote sulla salsa cubana. A partire dagli strumenti musicali. Una su tutti è la clave, fulcro della salsa. Quella che detta il ritmo, attraverso due bacchette “magiche” per gli appassionati della musica cubana. Di claves ce ne sono di due tipi: una blanca, tipica del son e che rimanda ai bianchi colonizzatori, una negra, tipica della rumba e che rimanda agli schiavi africani. Fondamentale, poi, la presenza degli strumenti a percussione: impossibile non nominare le congas, tamburi alti e stretti su cui è appoggiata una pelle animale. Ebbene, le congas – come suggerisce il termine – derivano dall’Africa, in particolare dal Congo. Dall’Africa a Cuba: la santeria e il misticismo della salsa Il rapporto privilegiato con le origini africane si ritrova non solo negli strumenti e nei ritmi “afrocubani” (rumba su tutti), ma anche nello “spirito” della salsa. La santeria è una forma religiosa che unisce elementi della tradizione cattolica alla religione yoruba, praticata dagli schiavi africani e tramandata ai discendenti cubani. Una spiritualità politeistica che si ritrova in gesti diventati emblematici della salsa: in particolare quello della mano che mima di asciugarsi la fronte dal sudore con un fazzoletto (un simbolo della fatica del lavoro ma anche un auspicio di liberazione dal male). Ballare libera dalla fatica e tiene lontane le cose negative: in fondo è proprio quello che scatta nello spirito di ogni ballerino!
Una delle cose più difficili per chi vive all’estero è non poter compartire gioie ed emozioni con amici e propri cari, celebrare festività, compleanni, ricorrenze ed eventi rari e speciali.
Certo, internet aiuta, anche se qui a Cuba non è velocissimo e soprattutto non economico, ci si può tenere in contatto con messaggi e videochiamate.
Si sa che il calcio è una delle passioni degli italiani, io non ne sono immune ed ho contagiato anche il figliolo italo-cubano.
Oggi, più che mai, mi manca la mia Milano che è in festa per celebrare la vittora calcistica della FC Internazionale, la mia INTER!
Certo, dopo ben 11 anni di astinenza, nella città meneghina, i tifosi hanno esagerato, invadendo piazza Duomo noncuranti delle misure di sicurezza anti Covid19. Che ci volete fare “so’ ragazzi”!
Noi, ovvero mio figlio Raul Lorenzo ed io, qui all’Avana, abbiamo indossato le magliette nerazzurre e sventolato davanti a casa la bandiera dell’Inter al suono del nuovo inno “I am Inter”!
Ero nell’Arci nel 1993, e raccoglievamo aiuti per Cuba, medicinali, quaderni penne, soldi, e li portavamo a Cuba distribuendoli alle scuole specialmente in piccoli paesi. Ricordo che con i viaggi organizzati dall’Arci con pochi soldi visitavamo l’isola. Quello che mi stupiva all’Habana dove non si vendeva un panino per strada, era che con una bottiglia di chipetrene i cubani erano felici e sorridenti, e pensavo ai miei amici benestanti e tristi nella mia città. Naturalmente il mercato nero funzionava benissimo. Ricordo che chiedi ad un ragazzo se mi trovava delle aragoste e vicino al Capitolio dopo 10 minuti apparvero le aragoste. Di tanto in tanto partecipavo a questi viaggi dell’Arci portando aiuti, ero un giovane pensionato delle ferrovie, e continuavo a lavorare per guadagnare qualcosa oltre la pensione. I Cubani mi insegnarono che per vivere felici, non si necessitano tanti soldi, e che il valore del tempo libero dedicato a se stessi e alla cultura era tempo prezioso che non poteva perdersi in lavoro non necessario. Ricordandomi anche quel che diceva il professore di religione, che il lavoro era una punizione divina. Il fascino delle donne cubane la protezione che ognuna di loro ha della famiglia le bisnonne a capo di tutto le nonne giovanissime, ragazze giovanissime con figli, le famiglie matriarcali, il sentirmi dire nella stessa casa, io sono figlia di mio padre fulana è figlia di mia madre, e fulanita è figlia di mi papà e mi madrastra. Inmenso amore tra le tre sorelle. Impensabile in Italia a quei tempi, dove il divorzio era un uragano che travolgeva la vita di chi ci capitava. Cuba un mondo affascinante che mi riportava all’infanzia, al quartiere dove ero nato in Calabria e dove le famiglie vivevano nello stesso quartiere da generazioni, e dove il dolore e la gioia di uno erano la gioia ed il dolore di tutti. Si Cuba mi riportava all’infanzia all’adolescenza felice e difficile dei figli dei poveri alla solidarietà tra le famiglie. I cubani mi hanno insegnato a non avere fretta, una volta in Santiago andai a raccogliere mango al Caney vicino Santiago, andammo in guagua, partimmo la mattina presto nel pomeriggio ritorniamo dove abitavo da una famiglia, e ci mettiamo ad aspettare la guagua, passa una ora passano due, io impaziente, i miei compagni cubani calmi e rilassati stesi sul muretto. Ma quando cavolo arriva questa guagua ? No preocuparte arriverà. E qualcuno aggiunse ,hay más tiempo que vida. Nel 1997 il 14 febbraio giorno di San Valentino, davanti al liceo Mendive, faccio amicizia con un gruppetto di adolescenti, tra questi c’era la mia futura moglie, nel 2001 ci sposammo, nel 2002 abbiamo avuto una figlia, e stiamo ancora assieme a Santiago, una storia come tante. Poi arrivò il covid che ci ha travolti e a Santiago per quasi otto mesi non abbiamo avuto un caso di Covid, poi aprirono le porte ai viaggi e il covid arrivò quì aumentano i casi, la zia di mia moglie 76 anni andando in chiesa prese il covid, dopo 10 giorni in ospedale ritorna a casa, e sta ottimamente bene. Io, loco, per avere un qualsiasi vaccino i primi di febbraio se non sbaglio iniziano a fare Abdala, ci informa una vicina che studia medicina, sofferente di asma, successivamente sento che vaccinano in Santiago i volontari, non so come fare, vado al consultorio, giorno delle imbarazzate, il mio medico non c’è, la dottoressa che è lì non vuole noie, mi dice che è complicato e che non ha tempo per me. Decido di andare al policlinico più vicino, ma lì non vacunan, mi mandano più avanti, tres cuadras adelante cerca de calle Martí, arrivo lì vedo parecchia gente armata di un opuscolo con scritto ABDALA, chiedo l’ultimo, una vecchia signora mi segnala un uomo che ne sa meno di me ed è senza opuscolo, inquieto chiedo dove recuperare il materiale, l’uomo aveva sbagliato porta, ci indicano un portone, con guardiano armato di disinfettante, ci disinfestiamo, saliamo ci sono quindici persone davanti a noi, l’uomo gira nelle stanze trova una amica che lo fa passare davanti a tutti, lui fa finta di niente va via ritorna dopo trenta minuti e ritira il prontuario. Seguo la fila regolarmente, e dopo quasi due ore è il mio turno, un giovane studente di medicina mi intervista e ricostruisce dettagliatamente la mia storia clinica. Gentilissimo, cominciavo a sentirmi come in una clinica a pagamento in Italia, chiedo fra quanti giorni devo presentarmi, e, meraviglia mi dice, di andare giù e mettermi in fila, mi stupisco, disposto a fare l’alba del giorno dopo, faccio la fila dopo poco meno di trenta minuti mi fanno entrare, seduti rispettando le distanze, un problema blocca la vacunación, ci offrono un panino e una bibita che rifiutai, ero troppo emozionato, e sazio di soddisfazione, non ricordo se c’era un poco di paura, ma dopo un’altra ora è mezza, riprendono a vaccinare. Gentilissimi, mi misurano la pressione, mi pesano, mi misurano l’altezza, mi prelevano un poco di sangue, passo altri quattro posti di registrazione. Poi la sospirata ABDALA Mi mettono quasi una ora per controllare effetti avversi, ma tutto prosegue senza problemi. Nessuno ha effetti avversi. Mi chiamano mi rimisurano la febbre, la pressione e ritorno a casa alle ore 16. Nessun effetto secondario anzi sento la circolazione sanguigna migliorata. Sarà la contentezza dico a mia moglie mi sembra di volare. Il risultato è che il giorno dopo 31 marzo è andata a vaccinarsi anche lei. Abbiamo fatto la seconda dose di ABDALA, io il 13 mia moglie il 14 aprile, e stiamo benissimo entrambi, nessun effetto negativo. Grande professionalità e gentilezza da parte di medici infermieri. Ci hanno misurato la febbre e la pressione, all’entrata e all’uscita, ci hanno messo un’ora in osservazione in una sala per controllare effetti avversi, ma nessuno di coloro che erano nella sala si è sentito male. Grazie Cuba.
Gli italiani a Cuba sono soprattutto concentrati nella capitale quindi, la maggior parte degli italiani a Cuba, presumibilmente vive all’Avana.
Non esistendo, o almeno non essendo in mio possesso, statistiche precise posso solo fare supposizioni.
Ovviamente alcune piccole comunità di nostri connazionali residenti si trovano distribuite in tutta Cuba, soprattutto nelle località più turistiche, da Pinar del Rio (in particolare a Viñales a Guantanamo (qui soprattutto a Baracoa), senza tralasciare il municipio speciale della Isla de la Juventud. Comunità italiane moderatamente nutrite sono a Santiago, LasTunas, Trinidad e Cienfuegos.
Ma, come ho anticipato, è l’Avana a farla la padrona! Mi sbilancio a sostenere che almeno l’80% degli italiani residenti a Cuba vivano qui.
Ma si fa presto dire Avana, la capitale cubana è formata da 15 municipi!
Bene, sono quasi certo che la maggior parte dei nostri connazionali si concentri in quei municipi affacciati sull’oceano atlantico, quindi nei municipi di Playa (in particolare a Santa Fe e soprattutto Miramar), Plaza de la Revolucion (nel Vedado), Centro Habana, Habana Vieja e Habana del Este (a Cojimar e Guanabo).
Ma sicuramente in tutti i municipi della capitale cubana si possono trovare italiani residenti, anche a La Lisa municipio periferico,oltre al sottoscritto, so per certo vivono altre 3 famiglie di italiani. Stessa cosa nell’adiacente municipio di Marianao dove conosco almeno 4 famiglie.
Chiariamo il concetto. Mi sono trasferito a Cuba dalla fine del 2004 e mi rifiuto categoricamente di essere considerato un emigrante, parola che ha connotazioni ahimé spesso, se non sempre, negative. Ho lasciato l’Italia per Cuba non per necessità economica, per questo aspetto è stata una scelta sicuramente poco saggia, ma per il desiderio di cambiare vita. Dopo alcuni viaggi ero nel pieno di un feroce contagio di cubanite che colpisce in maniera assai perniciosa molti europei, soprattutto italiani dopo la prima vacanza cubana e l’unica cura per guarire da questa malattia è trasferirsi a Cuba.
Non me ne vogliate quindi se preferisco definirmi un esterato o al limite esterante, definizione che coniai un bel un po’ di anni fa e che presentai, con lunghe spiegazioni sul mio, ormai claudicante e poco attualizzato, blog Cubanite. Sono ancora in attesa del riconoscimento di questi neologismi da parte dell’Accademia della Crusca.
Questa introduzione è per parlare delle inevitabili nostalgie che si provano verso la vita vissuta nella propria città, nel mio caso Milano dove sono nato e dove ho vissuto per ben 43 anni.
Hai voglia di provare ad integrarti al 100% a Cuba, ci sono sempre aspetti della vita e della cultura italiana che ti mancano – e molto – e che sono praticamente impossibili da ricreare qui ai Caraibi. Mi manca la mia Inter e le partite a San Siro ed incredibile a dirsi mi manca un vero inverno con freddo e neve, sento una struggente nostalgia anche per scighera la nebbia che a volte era talmente fitta che ti impediva di vedere perfino il palazzo di fronte.Sotto le feste poi la nostalgia del propria città bussa ancora più forte, riempiendoti l’anima di tristezza e rimpianti.
Ti mancano la famiglia, gli amici e le tradizioni, sopprattutto quelle eno-gastronomiche, che in un Paese come Cuba sono davvero difficile se non impossibili da ricreare.
Da considerare poi che vivere ora a Cuba, ai tempi del Covid-19 non è più la meraviglia che era prima, che molti connazionali ti invidiavano. Anzi direi che è estremamente difficile e faticoso vivere all’Avana ora. Le rigide misure di prevenzione, con l’impossibilità di vivere una vita normale, di reperire cibi e generi di prima necessità, il non poter neppure, nel Paese dell’eterna estate, andare in spiaggia o piscina ti fanno rimpiangere ancora di più l’Italia.
Per colpa di questa maledetta pandemia tra l’altro, lo scorso anno non ho potuto fare il mio tradizionale viaggio vacanza in Italia, da cui manco da inizio luglio 2019. Quindi la nostalgia e la voglia di essere ora in Italia è ancora piu forte.
Auguro a tutti una Felice Pasqua invidiandovi per uova di cioccolata, colombe ed altri manicaretti che degusterete in queste feste.
Quale cubano non ha provato la “cottura perfetta” della pasta buttando uno spaghetto contro il muro? Quanta violenza!
Per il cubano la pasta senza sugo di pomodoro non è pasta e senza formaggio neanche. La pasta lunga sono gli spaghetti e la corta ¨los coditos¨ ed è tutto! Non ci sono altre tipologie. Se dici: “oggi ho mangiato pasta”, stai facendo un po’ il figo. Non vi dico poi cosa pensiamo della pasta e fagioli: si usa per dare da mangiare all’ex mammifero nazionale (il maiale). La pizza anche con l’ananas, quanto ci piace! Tonno e formaggio perchè no…
Qualsiasi italiano che legga tutto questo e conosca un cubano saprà che non mento; è che per voi mangiare è una cosa seria però qua la storia è un’altra. C’è qualcuno che sì, ha saputo cambiare quello che doveva essere cambiato ma mio padre, senza dubbio molto radicato nei suoi costumi, continua a preferire la pasta ¨che non sia cruda¨ e che si incolli bene al muro! Nel domandargli quale cibo preferiscano, diversi cubani hanno risposto: “l’italiano!”, però è in realta la loro versione del cibo italiano.
di Daniela Perez Ramirez
Qué entiende un cubano por comida italiana.
Que cubano no probó ¨la cocción perfecta¨ de la pasta tirando el spaghetti contra la pared, cuanta violencia!
La pasta sin salsa de tomate no es pasta y sin queso tampoco. La pasta larga es spaghetti y la corta coditos y ya se acabaron, no hay más tipos, si dices hoy comí ¨pasta¨ te estás haciendo un poco la creyente. Pasta con frijoles no les digo yo que pensamos sobre eso, se utiliza para alimentar al ex mamífero nacional. La pizza también con la piña, como gusta! Atún y queso por que no…
Cualquier italiano que lea esto y conozca un cubano sabrá que no miento, es que para ustedes comer es algo serio pero aquí la historia es otra… Hay quien si supo cambiar lo que debía ser cambiado, mi papa sin embargo más arraigado a sus costumbres sigue prefiriendo la pasta ¨que no esté cruda¨ y se pegue bien a la pared! Al preguntarles que comida prefieren, varios respondieron: la italiana, pero es en realidad su versión de la italiana.
Nel 2014 in occasione della XVII settimana della cultura italiana a Cuba proposi al Consigliere di allora, il grande Pietro De Martin, una serata dedicata alla pazzia. In una rapida telefonata gli dissi che pensavo di proiettare per la prima volta a Cuba un film visto millenni prima all’Azzurro Scipioni: “Matti da slegare” di Marco Bellocchio e Silvano Agosti.
“Un film-documentario che parla della legge Basaglia, vedrai, un fiore all’occhiello della politica italiana e della nostra cultura”
“Alessà, ma è in italiano?”
“Sì, certo, ma che ci vuole, faccio i sottotitoli io, nessun problema”.
Pietro mi disse che lo avrebbe messo immediatamente in programma. Fu di parola e lo fece. Io non avevo in mano neanche il film. Ricordavo vagamente di averlo visto in gioventù al cinema Azzurro Scipioni ma stavo a Cuba… Dove lo avrei trovato? Avevo ricordi nebulosi ma la sicurezza che fosse un bel regalo da fare ai cubani e agli italiani a Cuba. Feci un giro di telefonate e e coinvolsi immediatamente l’amica Gioia Minuti, direttrice di Granma Italia, per mettere in piedi un’intervista/dibattito nel dopo proiezione.
Poi pensai ad Alina Ramirez, ballerina della compagnia Retazos, forse uno dei pochi talenti veri conosciuti nella mia vita. La contattò Dalia. Le disse: “improvvisa qualcosa sulla pazzia”. Lei rispose ok. Ne venne fuori una delle più struggenti performance mai viste. Vebbè, comunque alla fine trovai il film, lo sottotitolai, lo spiegai. Una serata splendida nella cornice del Cafè Bohemia a Plaza Vieja dell’amica Annalisa Gallina.
Lo ricordo oggi perchè? Perchè forse erano altri tempi, altra italianità, altre persone. Quello che però oggi mi fa scrivere è il film, pardon, l’autore: Silvano Agosti.
Marzo 2021, sono a Roma, è tardi. Servizio su Rai 3. Parlano del cinema Azzurro Scipioni che sta chiudendo. Silvano racconta senza drammatizzare ma è triste. Non ci sono quattrini, il cinema chiude. Gli stanno portando via le poltrone, i proiettori, tutto. Per quelli come me che all’Azzurro Scipioni ci sono nati è una tristezza profonda. Ci ho visto di tutto su quelle poltrone. Un tempo erano i sedili di un aereo, potevi premere il pulsante e ti sdraiavi. Fellini, Antonioni, Visconti, Pasolini, Truffaut, Herzog, Bunuel, Almodovar, tutto, tutto, la Nouvelle Vague, il Neorealismo, su quelle poltrone ho imparato l’abc del cinema con il garbo e la grazia di un signore bresciano, Silvano Agosti. Certe volte non avevo soldi e non mi faceva pagare. Altre volte andavo all’Azzurro da solo e dormivo. Una volta Silvano mi ha sorpreso addormentato mentre si proiettava un suo film “NP, il segreto”. Non mi ha detto niente. Mi ha chiesto solo se ero stanco. Gli ho risposto di sì. Mi ha chiesto se volevo un caffè.
Un tempo promuoveva un concorso: l’estrazione di un biglietto dove il vincitore sarebbe andato sulla luna appena ce ne fosse stata la possibilità. Chissà se qualcuno c’è mai andato. Silvano è dolce come i migliori intellettuali, come i migliori artisti. Dolce ma irremovibile. Non disarciona dalla sua dolcezza né dalla sua intransigenza a favore della cultura. A Silvano non gli passi accanto, non gli passi dietro. O c’è il bello o non serve a niente. Il documentario che proiettai a Cuba ne era una testimonianza. Manicomi, cruda bellezza. Molti mi ringraziarono. La sorella, Luisa, mia amica, mi disse che a Silvano la cosa aveva fatto particolarmente piacere.
Di lui ho amato molto “Di amore si vive”, l’avrò visto trenta volte. Guardatelo se ne avete la possibilità.
Oggi la Raggi ha scoperto che un cinema come l’Azzurro Scipioni smette di essere un’attività commerciale ed è qualcosa di più e va aiutato. Ci voleva un genio. Quale cazzo di attività imprenditoriale è una sala che chiede un euro per proiettare da quarant’anni tutti i capolavori del cinema? Non è commercio, ragazzina, è qualcosa di enorme, è arte. E un cinema così si tiene aperto prima di rifare una strada, prima di riparare un semaforo, prima di pagare uno stipendio, magari il tuo. È più urgente, lo capisci? Siamo tramortiti dalla realtà, siamo resi merda dalla realtà e abbiamo bisogno di racconti, abbiamo bisogno di sogni, di cinema, di arte.
Migliaia di persone devono molto all’Azzurro Scipioni, e come nei migliori virus (di cui siamo diventati tutti esperti), quei mille hanno moltiplicato in modo esponenziale la grazia di quelle esperienze, hanno seminato bello laddove il bello non c’era.
Una luce accesa a Roma, fai conto, negli anni ottanta, nel quartiere Prati e che illumina, molti decenni dopo, un locale di Plaza Vieja, all’Avana, a Cuba, sulla terra, sulla terra che è un astro (cit.).
Insomma, qui, a cavallo tra Cuba e l’Italia, proprio come vuole essere questo magazine, faccio un appello modesto, minuscolo: non chiudete l’Azzurro Scipioni! Trovate il modo, ve ne prego.