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giovedì, 30 Novembre, 2023

Omosessualità a Cuba

Com’è l’omosessualità e cosa vuol dire essere gay a Cuba?

Parlare di omosessualità a Cuba è affrontare un tema delicato che attraversa quella terra di mezzo, forse una zona d’ombra, popolata da molti tabù, molti stereotipi, salde intolleranze travestite con fragili scorze d’ipocrisia, frontiere interiori e vere e proprie paure.  Non è facile parlarne prima di tutto per chi è omosessuale. Questa difficoltà diventa sovente un vero incubo quando un’inclinazione personale obbliga a difendersi, a nascondersi, a vergognarsi agli occhi della famiglia, della comunità, del mondo. Non è facile per chi omosessuale non è.  Perchè è quasi impossibile anche soltanto immaginare di doversi difendere e nascondere per la propria inclinazione sessuale. Quando si tratta di inclinazioni non c’è una scelta, è come si è, punto. C’è tutto un versante di sofferenze che un eterosessuale neanche immagina.

L’omosessualità a Cuba è un fenomeno esploso?

Bene, senza volere (o essere in grado di) trattare un tema così vasto, mi interessa parlare dell’omosessualità a Cuba perchè ha, a mio avviso, caratteristiche che forse non tutti conoscono. Da una decina di anni a questa parte sembra essere un fenomeno esploso.
Dopo vari decenni a dir poco difficili dove non sono mancate  stagioni vergognose di isolamento e discriminazione, una nuova politica finalmente illuminata riguardo a certe tematiche ha permesso una salida del closet di massa e di converso un nuovo assestamento sociale.

Era finita l’epoca dei matrimoni di facciata per avere il diritto elementare di costruirsi una carriera, una vita sociale, di non essere trattati come malati da correggere, casi psichiatrici. Una sincera autocritica con conseguenti azioni politiche nell’ottica di “cambiare tutto quello che deve essere cambiato” aveva restituito e sta ancora restituendo a un’intera categoria umana la dignità per troppo tempo negata. La sola istituzione e l’intensa attività del Cenesex (presieduto da Mariela Castro) è una testimonianza dell’impegno senza se e senza ma in questo frangente.

E’ Cuba una società Gay friendly?

Ma la partita più interessante si è spostata, a mio avviso, sul versante sociale. Il machismo radicato nella società cubana è ben lontano da una crisi storica. Un intero impianto ideologico maschilista che alle nostre latitudini sarebbe inconcepibile e ridicolo, qui alligna in tutti gli strati sociali, nelle città come nelle campagne, nelle fasce sociali con bassa e in quelle con alta scolarizzazione.

Insomma, l’impressione è simile a quella che Massimo D’Azeglio immortalò nella frase “fatta l’Italia ora bisogna fare gli italiani”. Non è ancora Cuba, a parte eccezioni, una società gay friendly. Un intero codice ambientale e linguistico, familiare e relazionale, obbliga l’omosessuale ancora oggi a una sorta di autoconfinamento per quieto vivere.

I gay hanno i loro locali, i loro luoghi, i loro spazi. Malgrado ciò, fatica molto un processo più naturale di fusione umana dove la scelta sessuale di ognuno discenda categorie d’importanza e ci si incontri come persone tout court. All’Avana conosco un solo locale dove convivono etero e gay, un locale il cui splendido nome, “King bar“, allude anche non troppo segretamente al popolare verbo quimbar che vuol dire in senso generico “scopare”. Insomma, riuniti tutti quanti, così come deve essere, sotto questo splendido emblema e poi gli accoppiamenti ognuno li fa secondo il proprio gusto!

Il travestitismo a Cuba

Scrivevo in precedenza di una vera e propria esplosione del fenomeno omosessuale a Cuba nell’ultimo decennio. In particolare mi sembra che qui abbia preso la piega di una esposizione quasi sfacciata. Il travestitismo, ad esempio, è un fenomeno molto più frequente che in altre società. È molto più immediato, almeno così mi sembra, il passaggio da identità omosessuale a femminilizzazione delle persone.

E l’omosessualità femminile?

Lo stesso discorso vale per l’omosessualità femminile. Inizialmente pensavo fosse il risultato di un’apertura repentina dei cancelli, una sorta di effervescenza liberante e liberata che scatenava questo sacrosanto bisogno di dire “eccomi qua, sono questo!”. Invece, mi sembra che sia anche questo fenomeno uno degli effetti collaterali del machismo dominante che ancora governa.

A Cuba sembra difficile essere sobriamente gay. Il maschilismo obbliga ad una polarizzazione dei ruoli: o sei uomo, con raucedine costante, bicipiti, musica repartera, donnetta-oggetto che empina il culo sulla moto sempre pulita, occhiali da saldatore e sguardi taglienti, o sei donna, checca, travestito dall’altro lato del fiume e del mondo.

L’errore potrebbe essere quello di credere che a Cuba attualmente ci siano più omosessuali che in Italia. Non credo sia così. In Italia, con tutti i suoi limiti, i gay quasi mai hanno il bisogno di esporre la propria inclinazione sessuale indossando un’uniforme, travestendosi e affrontando il mondo. In un certo senso hanno meno sfide aperte (meno non vuol dire nessuna) con l’ambiente che li circonda. A Cuba ancora no.

A Cuba essere omosessuali ha ancora, spesso, la fisionomia di una battaglia da sostenere con coraggio e senza paura. Dentro e fuori le case, sul posto di lavoro come sul Malecon, a scuola come in famiglia. Ma con le rivoluzioni i cubani ci sanno fare… Aspettiamo fiduciosi!

Picture by Flabia Cuevas Photographer 2020 – 2021 ©

Homosexuales en Cuba (Versino en Español)

Hablar de homosexualidad en Cuba es enfrentar un tema delicado que atraviesa aquella tierra a la mitad, quizás una zona de sombra, poblada de muchos tabúes, muchos estereotipos, sólidas intolerancias disfrazadas con frágiles capas de hipocresía, fronteras interiores y verdaderas y miedos propios.

No es fácil hablar de eso antes de todo para quien es homosexual y esta dificultad se convierte a menudo en una verdadera pesadilla cuando una inclinación personal obliga a defenderse, a esconderse, a avergonzarse ante los ojos de la familia, de la comunidad, del mundo. No es fácil para quien homosexual no es, porque es casi imposible también a veces imaginarse de tener que defenderse y esconderse por la propia inclinación sexual. Cuando se trata de inclinación no existe una opción, eres como eres, punto. Existe toda una parte de sufrimiento que un heterosexual ni siquiera imagina.

Bien, sin querer o estar en grado de tratar un tema así vasto, me interesa hablar de la homosexualidad en Cuba porque tiene, a mi entender, características que quizás no todos conocen. Desde hace una decena de años a esta parte parece ser un fenómeno estallado. Después de varios decenios a decir pocos difíciles donde no han faltado estaciones vergonzosas de aislamiento y discriminación, una nueva política finalmente iluminada sobre ciertas temáticas ha permitido una ´´salida del closet´´ en masa y de lo contrario un nuevo asentamiento social.

Había terminado la época de los matrimonios de fachada. Matrimonios para tener el derecho elemental de construirse una carrera, una vida social, de no ser tratados como enfermos de corregir, casi psiquiátricos. Una sincera autocrítica con consiguiente acciones políticas en la óptica de ´´cambiar todo lo que debe ser cambiado´´ tenía y está restituyéndole a una entera categoría humana la dignidad por mucho tiempo negada. La única institución y la intensa actividad del Cenesex (encabezado por Mariela Castro) es un testimonio del empeño sin más en este frangente.

Pero la parte más interesante se ha pasado a mi entender al ámbito social. El machismo radicado en la sociedad cubana es bien lejano de una crisis histórica. Un entero sistema ideológico machista que en nuestras latitudes sería inconcebible y ridículo. En Cuba florece en todos los ámbitos sociales, en la ciudad como en el campo, en sectores sociales con baja y alta escolarización. En fin, me parece que es similar a aquella que Massimo d´Azeglio inmortalizó en la frase ´´hecha Italia ahora hace falta hacer los italianos´´.

No es todavía Cuba, a parte algunas excepciones, una sociedad gay friendly. Un completo código ambiental y lingüístico, familiar y relacional, obliga todavía hoy a los homosexuales a un tipo de confinamiento, para tener un tranquilo vivir.

Los gay tienen sus locales, sus lugares, sus espacios, pero fatiga mucho a cumplirse un proceso natural de fusión humana donde la elección sexual de cada uno descienda categorías de importancia y se encuentren como personas tout court (simples personas).

En la Habana conozco solo un local donde conviven hetero y gay, el cual su espléndido nombre ´´Kingbar´´, alude no muy secretamente al popular verbo ´´quimbar´´ que quiere decir en sentido genérico ´´follar´´. En fin, reunidos todos, así como debe ser, debajo de este espléndido emblema y luego el emparejamiento cada uno allí hace lo que quiere!

Escribía anteriormente de una verdadera y propia explosión del fenómeno homosexual en Cuba en el último decenio. En particular me parece que haya tomado el camino de una exposición sin filtros. El travestismo, por ejemplo, es un fenómeno mucho más frecuente que en otras sociedades. Es mucho más inmediato, al menos así me parece, el pasaje de identidad homosexual a feminización de las personas.

Lo mismo vale para la homosexualidad femenina. Inicialmente pensaba que fuera el resultado de una apertura repentina de las rejas, un tipo de efervescencia librante y liberada que desencadenaba  este bendito deseo de decir ´´mírame aquí, soy esto!´´. Al contrario, me parece que este ya sea un fenómeno colateral del machismo dominante que todavía gobierna.

En Cuba parece difícil ser sobriamente gay. El machismo obliga a una polarización de roles. O eres hombre, con ronquera constante, bíceps, música repartera, mujer-objeto que empina el culo sobre la moto siempre limpia, espejuelos de soldador y miradas tajantes, o eres mujer, travestis, del otro lado del río o del mundo. El error pudiera ser aquel de creer que en Cuba actualmente estén más homosexuales que en Italia. No creo que sea así.

Italia, con todos sus límites, es un paìs en el cual los gay casi nunca más tienen el deseo de exponer su propia inclinación sexual llevando un uniforme, travistiéndose y desafiando el mundo. En un cierto sentido tienen menos desafíos abiertos (menos no quiere decir ninguno) con el ambiente que los rodea. En Cuba todavía no.

Aqui ser homosexual tiene todavía, a menudo, la fisionomía de una batalla de sostener con coraje y sin miedo. Dentro y fuera de las casas, en el centro de trabajo, como en el Malecón, en la escuela como en la familia. Pero con las revoluciones los cubanos son fuertes. Esperamos con confianza!

Alessandro Zarlatti
Alessandro Zarlatti
Scrittore italiano, insegnante di lingua italiana e certificatore ufficiale per l'Università per stranieri di Perugia.

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