Nel 2014 in occasione della XVII settimana della cultura italiana a Cuba proposi al Consigliere di allora, il grande Pietro De Martin, una serata dedicata alla pazzia. In una rapida telefonata gli dissi che pensavo di proiettare per la prima volta a Cuba un film visto millenni prima all’Azzurro Scipioni: “Matti da slegare” di Marco Bellocchio e Silvano Agosti.
“Un film-documentario che parla della legge Basaglia, vedrai, un fiore all’occhiello della politica italiana e della nostra cultura”
“Alessà, ma è in italiano?”
“Sì, certo, ma che ci vuole, faccio i sottotitoli io, nessun problema”.
Pietro mi disse che lo avrebbe messo immediatamente in programma. Fu di parola e lo fece. Io non avevo in mano neanche il film. Ricordavo vagamente di averlo visto in gioventù al cinema Azzurro Scipioni ma stavo a Cuba… Dove lo avrei trovato? Avevo ricordi nebulosi ma la sicurezza che fosse un bel regalo da fare ai cubani e agli italiani a Cuba. Feci un giro di telefonate e e coinvolsi immediatamente l’amica Gioia Minuti, direttrice di Granma Italia, per mettere in piedi un’intervista/dibattito nel dopo proiezione.
Poi pensai ad Alina Ramirez, ballerina della compagnia Retazos, forse uno dei pochi talenti veri conosciuti nella mia vita. La contattò Dalia. Le disse: “improvvisa qualcosa sulla pazzia”. Lei rispose ok. Ne venne fuori una delle più struggenti performance mai viste. Vebbè, comunque alla fine trovai il film, lo sottotitolai, lo spiegai. Una serata splendida nella cornice del Cafè Bohemia a Plaza Vieja dell’amica Annalisa Gallina.
Lo ricordo oggi perchè? Perchè forse erano altri tempi, altra italianità, altre persone. Quello che però oggi mi fa scrivere è il film, pardon, l’autore: Silvano Agosti.
Marzo 2021, sono a Roma, è tardi. Servizio su Rai 3. Parlano del cinema Azzurro Scipioni che sta chiudendo. Silvano racconta senza drammatizzare ma è triste. Non ci sono quattrini, il cinema chiude. Gli stanno portando via le poltrone, i proiettori, tutto. Per quelli come me che all’Azzurro Scipioni ci sono nati è una tristezza profonda. Ci ho visto di tutto su quelle poltrone. Un tempo erano i sedili di un aereo, potevi premere il pulsante e ti sdraiavi. Fellini, Antonioni, Visconti, Pasolini, Truffaut, Herzog, Bunuel, Almodovar, tutto, tutto, la Nouvelle Vague, il Neorealismo, su quelle poltrone ho imparato l’abc del cinema con il garbo e la grazia di un signore bresciano, Silvano Agosti. Certe volte non avevo soldi e non mi faceva pagare. Altre volte andavo all’Azzurro da solo e dormivo. Una volta Silvano mi ha sorpreso addormentato mentre si proiettava un suo film “NP, il segreto”. Non mi ha detto niente. Mi ha chiesto solo se ero stanco. Gli ho risposto di sì. Mi ha chiesto se volevo un caffè.
Un tempo promuoveva un concorso: l’estrazione di un biglietto dove il vincitore sarebbe andato sulla luna appena ce ne fosse stata la possibilità. Chissà se qualcuno c’è mai andato. Silvano è dolce come i migliori intellettuali, come i migliori artisti. Dolce ma irremovibile. Non disarciona dalla sua dolcezza né dalla sua intransigenza a favore della cultura. A Silvano non gli passi accanto, non gli passi dietro. O c’è il bello o non serve a niente. Il documentario che proiettai a Cuba ne era una testimonianza. Manicomi, cruda bellezza. Molti mi ringraziarono. La sorella, Luisa, mia amica, mi disse che a Silvano la cosa aveva fatto particolarmente piacere.
Di lui ho amato molto “Di amore si vive”, l’avrò visto trenta volte. Guardatelo se ne avete la possibilità.
Oggi la Raggi ha scoperto che un cinema come l’Azzurro Scipioni smette di essere un’attività commerciale ed è qualcosa di più e va aiutato. Ci voleva un genio. Quale cazzo di attività imprenditoriale è una sala che chiede un euro per proiettare da quarant’anni tutti i capolavori del cinema? Non è commercio, ragazzina, è qualcosa di enorme, è arte. E un cinema così si tiene aperto prima di rifare una strada, prima di riparare un semaforo, prima di pagare uno stipendio, magari il tuo. È più urgente, lo capisci? Siamo tramortiti dalla realtà, siamo resi merda dalla realtà e abbiamo bisogno di racconti, abbiamo bisogno di sogni, di cinema, di arte.
Migliaia di persone devono molto all’Azzurro Scipioni, e come nei migliori virus (di cui siamo diventati tutti esperti), quei mille hanno moltiplicato in modo esponenziale la grazia di quelle esperienze, hanno seminato bello laddove il bello non c’era.
Una luce accesa a Roma, fai conto, negli anni ottanta, nel quartiere Prati e che illumina, molti decenni dopo, un locale di Plaza Vieja, all’Avana, a Cuba, sulla terra, sulla terra che è un astro (cit.).
Insomma, qui, a cavallo tra Cuba e l’Italia, proprio come vuole essere questo magazine, faccio un appello modesto, minuscolo: non chiudete l’Azzurro Scipioni! Trovate il modo, ve ne prego.
Bellissime parole